mercoledì 21 novembre 2012

Fur, ritratto di una feticista che ama le scimmie

Ci sono certi film belli da morire, ma quello che ho visto io qualche giorno fa, per citare la Maionchi (sì, continuo con le citazioni di spessore), PER-ME-E'-NO.
Ho visto Fur - Ritratto immaginario di Diane Arbus (presente, la fotografa statunitense che amava fotografare i "diversi", i freaks che pur conservavano una propria dignità? http://diane-arbus-photography.com/). 
Mi hanno detto: Uomo barbuto, sempre piaciuto. E ci ho creduto.
Ok, son state le due ore più noiose della mia vita, probabilmente. Con lo stomaco che in alcune (quasi tutte) scene si contorceva. Ho pensato di non farcela. Ma siccome, come al solito, io pare non ci capisca un tubo, ho visto che sul web tante recensioni descrivono in maniera euforica questo schifo di film. Ma, un momento. Analizziamo. Tutte le recensioni si soffermano sulla bravura della Kidman, protagonista del film (il regista è un tale Steven Shainberg, e se anche voi non l'avete sentito mai la cosa mi rincuora e aggiungo pure: ci sarà un motivo, no?), fanno giusto un accenno alla trama (e finchè dici semplicemente di che parla il film non ci son problemi) ma non si dilungano sugli aspetti stilistici e visivi del film. Probabilmente perchè là sarebbero ca**i amari, per usare un francesismo. Sembra a tratti una brutta copia di un qualsiasi film burtoniano, scene oniriche e surreali ma, in questo caso, parecchio indecifrabili.  A tratti pare un horror mal riuscito. In diverse scene mi son ritrovata a chiedermi: E quindi? Dove vogliono andare a parare? 
Robert Downey Jr per gran parte del film m'ha procurato i conati, notare la foto). Ok, gli attori son bravi, nessuno lo mette in dubbio, però la trama cavolo, LA TRAMA! Chi l'ha ideata? A chi posso chiedere i danni, insomma?
E comunque, non ne capirò nulla, però su La Stampa del 2006 la Tornabuoni scriveva:

 Nicole Kidman, australiana bionda alta quasi due metri, impersona la newyorkese piccola e bruna d'origine braico-polacche Diane Arbus in Fur di Steven Shainberg, film inaugurale della Festa del cinema. Della grande fotografa dal volto oscuro, anomalo o grottesco dell'esistenza umana, il film che si definisce «un ritratto immaginario» non è in grado di mostrare neppure un'opera, per divieto della Fondazione tche amministra l'eredità dell'artista. Non c'è da stupirsi se il regista cerca rifugio nell'onirico, nel fantastico. [...]
Tiè Shainberg.

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